EDG ha scritto:
Una differenza di colorazione si può riscontrare in moltissime specie e sottospecie, ma bisogna valutare diverse cose per considerarla "form". Se è un carattere trasmissibile, riconducibile a determinate aree geografiche, al sesso maschile, o se dipende da fattori come la più o meno esposizione al sole o il tipo di alimentazione.
Tortugo ha scritto:E' una forma di analisi troppo minuziosa, che potrebbe creare limiti anche in progetti di riproduzione. In alcune specie, poi, non si conoscono nemmeno bene le sottospecie (vedi Genere Cyclemys, lo stesso Platysternon, Emys...) secondo me chi ne ha le capacità e le possibilità dovrebbe concentrarsi a fare chiarezza nell'ambito di questi generi lacunosi, piuttosto che inventarsi le forme regionali. Magari alcune G. spengleri sono più colorate di altre, come lo sono alcuni uccelli...non per questo devono per forza essere ritenute forme regionali.
Straquoto entrambi! La discussione merita veramente molta attenzione, peccato essere tanto impegnato in questo periodo
Il discorso delle forme è complesso, e in generale tutta la tassonomia classica, pur rimanendo una guida preziosa per inquadrare le popolazioni selvatiche è ormai palesemente in difficoltà rispetto agli studi molecolari in continua evoluzione. Il caso Terrapene carolina, una specie a me molto cara, è emblematico: all'interno di ogni sottospecie è possibile incontrare variazioni morfologiche rimarchevoli a seconda della zona di provenienza, con il vortice di geni creato da migrazioni spontanee di riproduttori maschi(senza contare gli spostamenti da parte dell'Uomo). Tutte le tartarughe(e anche tantissimi altri gruppi di animali, per non parlare degli altri regni...) dimostrano in maniera inequivocabile che il concetto di specie, che rappresenta un caposaldo della Tassonomia linneana, non ha tutt'oggi una definizione scientifica inequivocabile. Credo che questo sia un presupposto importante a qualsiasi tipo di approfondimento su quest'argomento.