Agostino ha scritto:Da fuori sembra sempre facile, ma gestire la mostra comporta un lavoro enorme e qui siamo tutti volontari.
Uno dei motivi che ci fa dubitare se rifarla, non è il fatto economico(le edizioni precedenti sotto quest'aspetto sono andate bene) ma il fatto che ogni anno diminuiscono gli espositori amatoriali, sopratutto quelli di specie mediterranee.
Proprio perchè è un associazione no profit a gestire la mostra, che senso avrebbe continuarla se diventasse solo commerciale ?
Un altro punto che ci ha fatto diminuire la fiducia è dato dal fatto che nonostante siamo un elevato numero di soci, siano sempre pochissimi i volontari che ci danno una mano.
Caro Agostino,
cosa dire… Solitamente non prendo parte a discussioni, diciamo, “gestionali”, né su questo forum né su altri dai quali mi sono visto addirittura in passato dimissionario da incarichi/assegnazioni di status; ho sempre soppesato infatti, prima di qualsiasi mia esternazione, la domanda “si, ma io quanto faccio per questo forum/associazione da dire la mia con la pretesa che la si ascolti?” . In questo caso e in questa sede la risposta è la medesima: nulla o, comunque, molto meno di quanti altri facciano per finalità collettive e di corporazione. Purtroppo se una cosa in me lesina è proprio lo spirito di affiliazione ed appartenenza ad un dato “ambito” ma, tant’è, le mie esperienze di vita così m’hanno “uniformato”. Quindi lungi da me avanzare o muovere “pretese” in quanto, appunto, provvisto (almeno credo) di quel minimo di buon senso che altrove mi avrebbe probabilmente anche fatto essere più incisivo e poco restio a poter rispondere contrabattendo, proprio perché forte di una maggiore autolegittimazione, alla tue prime righe... Invece no, innanzi tutto perché sono completamente d’accordo con te e ti assicuro che, anche viste dall’esterno, le proporzioni per mettere in piedi un’organizzazione come quella del Tartabeach sono davvero monumentali. Di fatto, mi sono sempre detto, quanto mirabilmente abbiano sino ad ora rispecchiato la capacità organizzativa di un’Associazione che, sia a livello di immagine, che operativamente (i.e. gli iter burocratico-legali nei quali figura in prima linea, l’opera di sensibilizzazione dell’opinione pubblica, le finalità conservazionistiche, etc.), non ha propriamente eguali in Italia, e non solo nell’asfittico campo dell’erpetocultura… La mia personale consapevolezza infine per quanto concerne la profusione di sforzi da parte di volontari mi è comunque (indirettamente) nota, giacché in gioventù ho militato in ben altri campi dove qualsiasi cosa si intendesse fare passava necessariamente attraverso un attivarsi in prima persona, altrimenti… Il nulla. Proprio in ragione di ciò però ricordo anche molto bene come le iniziative non fossero motivate, traendo linfa vitale, solo ed unicamente dalla certezza di un più o meno vasto riscontro nell’esatta assoluzione del detto che “il gioco valesse la candela”, in quanto erano e costituivano ben più propulsivo carburate sia la Passione che la soddisfazione personale per aver creato dal nulla un qualcosa di importante in primis per sé stessi. Il Tartabeach è diventato fin da subito questo: qualcosa di, più che importante, FONDAMENTALE per il Tartaclub come per tutti gli altri appassionati che vi sono confluiti aderendo ed ogni anno partecipando alla sua manifestazione elettiva/celebrazione. Sarà pur vero che l’aspetto economico non conta, ma con cosa vorremmo perorare cause e progetti se non “anche” con tali proventi? Consentimi inoltre di dissentire dall’artificiosa equazione: meno espositori amatoriali di specie mediterranee = traviamento commerciale dell’iniziativa. Innanzi tutto il ridursi di tali espositori è solo il riflesso di una reale diminuzione degli allevatori di specie mediterranee, non come artefatto di una scarsa propensione ad esporre, ma la concreta difficoltà a gestire tali specie da un punto di vista legale. Non mi riferisco qui alle norme/diritti vigenti per prendere un banchetto e mettere in mostra i propri animali senza scopi di lucro (per questo sono stati illuminanti le precisazioni divulgate in merito dal TCI), ma proprio il cimentarsene nell’allevamento come fino a qualche tempo fa avveniva. Sono diversi gli allevatori che, in ragione dei sempre più nebulosi, indefiniti e ferraginosi iter burocratici, hanno dato forfait con tali specie. Questo, almeno, secondo il MIO personale punto di vista. Inoltre se tutto ciò è, e sicuramente lo sarà, un valido “specchio dei tempi” in quanto “osservatorio privilegiato” per una valutazione dei trend imperanti nell’ambiente, va da sé che la crescita esponeziale dei diversi appassionati li ha comunque portati a cimentarsi con il tempo su progetti un poco più inusuali ed impegnativi.
Riflettiamo pertanto su quale grande perdita sarebbe una così autocastrante decisione.
Stefano Alcini
(che non ha, sino ad ora, MAI acquistato o venduto una singola tartaruga al Tartabeach)