
A quanto so gli studi condotti finora a livello genetico hanno distinto “ufficialmente” solo due sottospecie: Testudo hermanni hermanni e Testudo hermanni boetgeri.
Recentemente, anche su input delle evidenti differenze fenotipiche (colorazione, dimensioni, biologia …) tra le varie popolazioni locali, alcuni istituti di ricerca hanno avviato delle analisi destinate a scoprire la variabilità genetica tra esse.

L’articolo di cui parla Valentina, se non ricordo male, individua delle caratteristiche peculiari in relazione all’origine di alcune popolazioni italiane (esclusa la Sardegna, appunto!). Tuttavia, mi sembra che lo studio non rivelasse chiaramente la presenza di esemplari estranei (introdotti da altre zone!) in quasi tutti i ceppi locali.




Credo che effettivamente gli studi di cui disponiamo attualmente non ci consentono di poter esprimere sull’argomento un’opinione inequivocabile; infatti, solo studi genetici condotti su numerosi esemplari e a livello di DNA nucleare potrebbero rivelare l’eventuale esistenza di nuove sottospecie.

Tuttavia è chiaro che le differenze locali già evidenti a livello fenotipico e sottolineate dallo studio condotto dall’università di Ferrara devono tenere alta la nostra attenzione di allevatori attenti; infatti, l’isolamento riproduttivo di alcuni gruppi unito a particolari condizioni ambientali potrebbe aver avviato un processo di speciazione che è solo ai primi stadi: uno “sforzo evoluzionistico” che ove possibile andrebbe rispettato anche in allevamento.
E’ chiaro che l’incrocio di due sottospecie non produce ibridi e che la riproduzione mista tra Thh di diversa provenienza produce esemplari appartenenti alla specie Testudo hermanni hermanni pure dal punto di vista tassonomico. Pertanto il tartamante che non conosce l’origine dei propri esemplari può “divertirsi” come vuole a riprodurre “belle tartarughe” chiare, scure o colorate: esteticamente pregevoli sul “mercato” terraristico, assolutamente inutili e pericolose dal punto ambientale (abbandoni e fughe impreviste potrebbero contaminare le popolazioni selvatiche!).
Tuttavia, chi alleva da anni esemplari d’origine certa nel rispetto del loro ceppo originario (cosa che spesso richiede anche un impegno notevolmente superiore all’allevare e basta!), rivela una encomiabile sensibilità ambientale; infatti, non solo rispetta il processo evolutivo dei vari gruppi in attesa che ulteriori ricerche dimostrino il reale livello di differenziazione tra esse, ma fornisce un reale contributo alla conservazione in cattività di questa specie che è sempre meno frequente in natura.