Ricomposto osso di tartaruga gigante di 70 milioni di anni
Inviato: ven mar 28, 2014 12:19 pm
Un evento rarissimo: a distanza di 150 anni sono stati ritrovati due fossili di tartaruga che appartenevano allo stesso individuo
Spesso, scoperte sensazionali sono avvenute per puro caso. Ma è davvero un evento alquanto bizzarro che due frammenti di un osso fossile siano stati ricomposti a distanza di un secolo e mezzo.
E invece è quanto accaduto, quando Jason Schein, assistente curatore del Museo di Stato del New Jersey, è riuscito a ritrovare la giusta collocazione di un frammento d’osso fossile, da poco rinvenuto. La scoperta è stata riportata negli Atti dell’Accademia di Scienze Naturali di Filadelfia.
Nell’osso in questione si era imbattuto, del tutto casualmente, il paleontologo dilettante Gregory Harpel, chimico di professione, che durante un fine settimana nel corso di una passeggiata alla ricerca di denti di squalo in riva ad un torrente nella contea di Monmouth, nel New Jersey, aveva trovato uno ‘strano’ fossile che, sulle prime, aveva creduto un blocco di roccia.
Ad Harpel, tuttavia, il ‘sasso’ era parso di forma inconsueta e troppo pesante e, quando si era reso conto che si trattava di qualcosa più simile ad un fossile, lo aveva portato al locale Museo di Scienze Naturali.
Schein e David Parris, il curatore del Museo, riconobbero immediatamente che si trattava di un òmero di tartaruga, un frammento di un arto distale rotto e, come tale, di difficile attribuzione.
Fu quasi per gioco quindi, che ai due paleontologi venne in mente di accostarlo ad un altro frammento di osso, anche questo lesionato, che si trovava nel museo da oltre 150 anni.
Ebbene, la coincidenza lasciò i due di stucco: si trovavano in presenza di due parti dello stesso osso, con la differenza che tra un ritrovamento e l’altro era passato più di un secolo e mezzo!
Si è trattato, in realtà, di un evento eccezionale, dal momento che nessuno si aspetterebbe mai di poter ritrovare una parte mancante di un fossile dopo un periodo di tempo così lungo. Il vecchio frammento, tornato alla luce nel 1849, era stato esaminato dal famoso naturalista Louis Agassiz e, mancando un riscontro di altro genere, era stato classificato come appartenente ad un esemplare di Atlantochelys Mortoni e con tale assegnazione era rimasto conservato nella collezione museale.
L’osso è stato ora ricomposto presso l’Accademia di Filadelfia da due paleontologi, Jason Pool e Ned Gilmore, che si sono avvalsi anche del parere definitivo di Ted Daeschler, eminente paleontologo e specialista di Zoologia dei Vertebrati presso la stessa Accademia di Scienze Naturali.
“Abbiamo due metà dello stesso osso. E’ evidente che appartengano allo stesso individuo, una tartaruga marina gigante. Argomento chiuso”, ha commentato Daeschler. Ora i paleontologi stanno rivedendo le loro convinzioni sulla durata della sopravvivenza dei fossili. “La concomitanza degli eventi in quanto accaduto è davvero incredibile e probabilmente non ha precedenti in paleontologia”, ha commentato Schein.
Completamente assemblato, l’òmero di A.Mortoni offre maggiori informazioni sul gigantesco rettile marino. Con un arto completo, gli studiosi hanno calcolato che la lunghezza complessiva dell’animale si aggirasse sui 10 metri dalla testa alla coda, lunghezza che lo rende una delle più grandi tartarughe marine mai conosciute. La specie può definirsi somigliante alle moderne tartarughe Caretta caretta, ma è molto più grande di qualsiasi specie di tartaruga marina esistente oggi.
Gli studiosi ritengono che l’osso sia rimasto nei sedimenti del Cretaceo, 70-75 milioni di anni fa, subito dopo la morte dell’animale. Quindi quei sedimenti dovettero subire sicuramente dei processi erosivi e l’osso fu spezzato migliaia di anni dopo la prima deposizione, forse durante il Pleistocene o l’Olocene, prima che i due pezzi venissero nuovamente inglobati in nuovi sedimenti e protetti contro altre usure o deterioramenti, per qualche migliaio d’anni e più, fino alla loro scoperta.
fonte: http://gaianews.it/rubriche/dalla-redaz ... zVYmah5N6k
Spesso, scoperte sensazionali sono avvenute per puro caso. Ma è davvero un evento alquanto bizzarro che due frammenti di un osso fossile siano stati ricomposti a distanza di un secolo e mezzo.
E invece è quanto accaduto, quando Jason Schein, assistente curatore del Museo di Stato del New Jersey, è riuscito a ritrovare la giusta collocazione di un frammento d’osso fossile, da poco rinvenuto. La scoperta è stata riportata negli Atti dell’Accademia di Scienze Naturali di Filadelfia.
Nell’osso in questione si era imbattuto, del tutto casualmente, il paleontologo dilettante Gregory Harpel, chimico di professione, che durante un fine settimana nel corso di una passeggiata alla ricerca di denti di squalo in riva ad un torrente nella contea di Monmouth, nel New Jersey, aveva trovato uno ‘strano’ fossile che, sulle prime, aveva creduto un blocco di roccia.
Ad Harpel, tuttavia, il ‘sasso’ era parso di forma inconsueta e troppo pesante e, quando si era reso conto che si trattava di qualcosa più simile ad un fossile, lo aveva portato al locale Museo di Scienze Naturali.
Schein e David Parris, il curatore del Museo, riconobbero immediatamente che si trattava di un òmero di tartaruga, un frammento di un arto distale rotto e, come tale, di difficile attribuzione.
Fu quasi per gioco quindi, che ai due paleontologi venne in mente di accostarlo ad un altro frammento di osso, anche questo lesionato, che si trovava nel museo da oltre 150 anni.
Ebbene, la coincidenza lasciò i due di stucco: si trovavano in presenza di due parti dello stesso osso, con la differenza che tra un ritrovamento e l’altro era passato più di un secolo e mezzo!
Si è trattato, in realtà, di un evento eccezionale, dal momento che nessuno si aspetterebbe mai di poter ritrovare una parte mancante di un fossile dopo un periodo di tempo così lungo. Il vecchio frammento, tornato alla luce nel 1849, era stato esaminato dal famoso naturalista Louis Agassiz e, mancando un riscontro di altro genere, era stato classificato come appartenente ad un esemplare di Atlantochelys Mortoni e con tale assegnazione era rimasto conservato nella collezione museale.
L’osso è stato ora ricomposto presso l’Accademia di Filadelfia da due paleontologi, Jason Pool e Ned Gilmore, che si sono avvalsi anche del parere definitivo di Ted Daeschler, eminente paleontologo e specialista di Zoologia dei Vertebrati presso la stessa Accademia di Scienze Naturali.
“Abbiamo due metà dello stesso osso. E’ evidente che appartengano allo stesso individuo, una tartaruga marina gigante. Argomento chiuso”, ha commentato Daeschler. Ora i paleontologi stanno rivedendo le loro convinzioni sulla durata della sopravvivenza dei fossili. “La concomitanza degli eventi in quanto accaduto è davvero incredibile e probabilmente non ha precedenti in paleontologia”, ha commentato Schein.
Completamente assemblato, l’òmero di A.Mortoni offre maggiori informazioni sul gigantesco rettile marino. Con un arto completo, gli studiosi hanno calcolato che la lunghezza complessiva dell’animale si aggirasse sui 10 metri dalla testa alla coda, lunghezza che lo rende una delle più grandi tartarughe marine mai conosciute. La specie può definirsi somigliante alle moderne tartarughe Caretta caretta, ma è molto più grande di qualsiasi specie di tartaruga marina esistente oggi.
Gli studiosi ritengono che l’osso sia rimasto nei sedimenti del Cretaceo, 70-75 milioni di anni fa, subito dopo la morte dell’animale. Quindi quei sedimenti dovettero subire sicuramente dei processi erosivi e l’osso fu spezzato migliaia di anni dopo la prima deposizione, forse durante il Pleistocene o l’Olocene, prima che i due pezzi venissero nuovamente inglobati in nuovi sedimenti e protetti contro altre usure o deterioramenti, per qualche migliaio d’anni e più, fino alla loro scoperta.
fonte: http://gaianews.it/rubriche/dalla-redaz ... zVYmah5N6k