Tartaruga: miti & leggende (2)
Nell'ottobre del 1938, durante le prove del Gran Premio d'Inghilterra a Donington, un cervo si parò di fronte ad un'Auto Union lanciata a folle velocità.
Il pilota dichiarerà più tardi che, a salvarlo da un impatto mortale, era stato il gesto scaramantico di portare su di sé un talismano: una piccola tartaruga d'oro…che gli era stata donata dall'amico Gabriele D'Annunzio, con la dedica “All'uomo più veloce, l'animale più lento”.
Da quel giorno, la figura della tartaruga campeggiò sulle sue vetture da corsa, sulla sua maglia gialla da gara, sulla carlinga del suo aereo Saiman e quando, molti anni dopo, sentì avvicinarsi la fine della vita, pregò di essere sepolto con la piccola tartaruga al collo.
Il nome del pilota era…Tazio Nuvolari.
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Coloro che hanno avuto la fortuna di incrociare con lo sguardo l'occhio umido di una tartaruga marina, non potranno mai dimenticare la sensazione provata: è come guardare un testimone del tempo, un antico abitante del mare che ne conosce i segreti più profondi.
Quando andiamo per mare, ricordiamoci che quella è la casa insostituibile di tanti altri esseri viventi: adeguare i nostri comportamenti per tener conto delle loro legittime esigenze, è INDISPENSABILE per poter godere, in futuro, di questo inestimabile patrimonio naturale.
La quantità di miti e di leggende, di medicamenti magici e di superstizioni che si fondano sulla tartaruga, è molto grande. Infatti, notiamo, sbalorditi, come le loro creazioni riguardino tutti i popoli e tutti i tempi, dalle cosmogonie Maya (che disegnano il dio della Luna ricoperto da una corazza formata da carapaci) alle tradizioni tribali africane, dalle raccomandazioni di Plinio ai recipe alchemici della Cina dei Tang, da Esopo a La Fontaine.
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La mitologia greca spiegava la genesi dell'animale con la leggenda della ninfa Chelone, dalla quale la tartaruga prenderà anche il nome. Ella, avendo osato deridere Zeus ed Hedra, proprio il giorno delle nozze, era stata punita dagli Dei infuriati che l'avevano precipitata in mare e condannata a recare sul dorso la propria casa, fino alla fine dei tempi. Nell'inno omerico Ad Hermes, si canta l'invenzione della Lira da parte del dio che, precocissimo neonato, adattò le corde al carapace di una tartaruga, per utilizzarlo come cassa di risonanza, donandolo poi al dio Apollo.
Le casse armoniche della Lira vennero fornite dalle tartarughe terrestri dell'Arcadia ma, prima della moda di impiallacciare con le sue scaglie mobili e stipiti delle case romane patrizie nel I secolo a.C., gli ulteriori utilizzi delle tartarughe erano collegati alle sue presunte proprietà apotropaiche, in grado, cioè, di contrastare le influenze malefiche. L'uso del guscio come culla o come vasca da bagno era, infatti, ritenuto, nel IV e III sec. a.C., efficace contro le malattie infantili.
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Plinio decanta le applicazioni della tartaruga: le sue carni sarebbero utili per controbattere le arti magiche o come antidoto ai veleni di scorpioni, ragni e salamandre; l'orina mescolata a cimici, sarebbe portentosa contro il morso degli aspidi. Anche il grasso, il fiele e le scaglie trovano spazio nella farmacopea. Sempre Plinio, ci informa della presunta facoltà della chelonia, occhio della tartaruga indiana, di rendere profeta chi la teneva in bocca. E tutto ciò incrementò una cospicua importazione di tartarughe dall'Asia e dall'Africa, dove l'animale era cacciato ma anche considerato sacro.
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Presso le etnie dei Dogon e dei Barbara, in Africa, la tartaruga era il simbolo della volta celeste, di potenza, saggezza e avvedutezza ed era quindi tenuta in grande considerazione; in alcune aree del Camerun, gli “sgabelli di giustizia” erano a forma di tartaruga, perché si ritenevano così in grado di smascherare le bugie dell'interrogato.
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Nelle zone montagnose del Marocco, l'eqroun, nome berbero della tartaruga, è un diffuso ornamento femminile, raffigurante un carapace con pendenti in argento, considerato di benefiche influenze.
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In Cina, la tartaruga è considerata sacra da circa quattromila anni. Una leggenda cinese descrive la Terra come sorretta da quattro tartarughe. I gusci erano usati come strumenti di divinazione sin dalla dinastia Shang (1765-1122 a.C.) costituendo, forse, i più antichi oroscopi scritti della storia. Portatrice di saggezza e conoscenza, essa recava i bagua, simboli della creazione dell'Universo, sul carapace, che, per la sua conformazione raffigura il Cielo, mentre il piastrone la Terra. Le carni dell'animale erano metafora del perfetto equilibrio tra il principio maschile, yang, ed il femminile, yin e le tarde fonti maoiste indicavano la tartaruga capace di raggiungere i tremila anni di età, perché in grado di assorbire la forza tellurica. Per questi motivi, la corazza ed il cervello servivano per preparare il filtro dell'immortalità. Era considerata protettrice di tutti gli animali con il guscio e simboleggiava il punto cardinale corrispondente al Nord.
Il basamento delle Isole degli Immortali ed i pilastri che sorreggono il cielo, erano tradizionalmente raffigurati poggianti su tartarughe mitiche, simbolo di forza e stabilità e per questo motivo, statue a forma di tartarughe servirono spesso a consolidare le fondamenta di ponti e dighe.
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In Oriente, la connessione ai miti cosmofori, cioè riguardanti il cosmo ed incarnanti virtù universali, non salvarono, in ogni caso, il nostro animale dall'essere ucciso e destinato ad usi ben più prosaici o, addirittura, al sottrarsi dall'onta di essere nominato in allusioni triviali.
A partire dalla dinastia Ming, era imperdonabile pronunciare la parola “tartaruga” durante una conversazione raffinata, poiché la parola indicava un uomo indulgente verso le scappatelle della moglie, così come “tartaruga nera” indicava un lenone e “uovo di tartaruga” un figlio illegittimo.
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Nelle descrizioni giapponesi, la tartaruga era spesso associata alla cicogna, come simboli di felicità e fortuna, perché, anticamente, una coppia di amanti si era trasformata in questi animali per raggiungere il Regno degli Immortali. Minkgane era la millenaria tartaruga messaggera delle divinità ed aveva i sei segni sacri roku-jo, simboleggianti amicizia, fedeltà, carità, sincerità, contemplazione e saggezza, riconoscibili sulle linee del guscio, le cui celle esagonali erano stilizzate nel kikko, uno dei motivi più antichi usati dai samurai per ornare le vesti. Il ritirarsi della tartaruga nel guscio, è, in India, il simbolo della concentrazione mentale e l'animale si trovava spesso citato nei testi sacri come cavalcatura divina, come sostegno di montagne o come trasformazione del dio Vishnu.
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In Mongolia, una credenza locale vede la fine del mondo come il momento in cui il Sole, avvicinandosi alla Terra, indurrà la tartaruga che la sorregge, a rigirarsi per il troppo calore.
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Una posizione ambigua ebbe invece la tartaruga, in ambito europeo medievale e moderno: fu, infatti, l'incarnazione di lentezza colpevole, di accidia, di cecità mentale sino a La Fontaine, che scagionò l'animale da queste accuse, rendendolo araldo della perseveranza e della caparbietà positiva. Dal canto suo, il filosofo settecentesco Dom Pernety che, partendo dal primitivo mito di Hermes, riconobbe nella risonanza del suo carapace, la stessa caratteristica saturnina del piombo, l'inizio della Grande Opera alchemica, il processo di spiritualizzazione della materia.
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Ciononostante, la reale conoscenza di questi rettili, è stata per lungo tempo ignorata. E' solo recentemente che la “popolarità” delle tartarughe, uscendo dal contesto fantastico e mitologico in cui per anni ha affondato le proprie radici, ha trovato conferma e sostegno nella ricerca scientifica.